Non sono razzista, ma... il lattosio se ne stesse a casa sua
Latte e derivati sono componenti essenziali della dieta occidentale. È di dominio comune l'esistenza di una cosa chiamata intolleranza al lattosio, un termine che indica l'incapacità di alcuni individui di digerire questo zucchero del latte per l'assenza dell'enzima responsabile, la lattasi.
Se pensiamo quindi alla popolazione bianca, in particolare europea, la prevalenza della deficienza di lattasi è quindi l'eccezione (dal 40-50% italiano al 2-15% del Nord Europa), ma se prendiamo la specie umana, essa costituisce la regola. Nell'estremo oriente invece raggiunge il 100%.
L'errore genetico è la tolleranza al lattosio. Sto parlando ovviamente dell'ipolattasia primaria.
Si pensa che il genotipo che ha permesso la persistenza della lattasi nei popoli nordici (e in misura intermedia in alcune tribù pastorali africane) abbia rappresentato un vantaggio evolutivo per le popolazioni che vivevano anche di pastorizia. In che modo, è oggetto di speculazione, ma ad esempio fornendo calcio in popolazioni che per la bassa esposizione solare e una dieta non marina, soffrivano di deficit di vitamina D. Per una lettura più approfondita, vedere anche il seguente articolo Evolution of lactase persistence: an example of human niche construction. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences.
Ci sono poi delle forme di ipolattasia secondaria. La lattasi è espressa sui villi dell'intestino tenue: qualsiasi patologia che danneggi quindi la mucosa intestinale a questo livello può portare a un peggioramento dell'intolleranza. Esempio classico è il paziente che dopo una gastroenterite ne sviluppa i sintomi, ma anche un celiaco o un Crohn possono svilupparla. Si tratta ovviamente di una condizione potenzialmente reversibile.
Alla diagnosi dell'ipolattasia dedicherò presto un altro articolo.
Fonte immagine: T. H., Marteau, P., & Korpela, R. (2000). Lactose Intolerance. Journal of the American College of Nutrition, 19(sup2), 165S–175S. doi:10.1080/07315724.2000.10718086
Tolleranza e intolleranza
In realtà intorno a questo concetto c'è un'ottica etnocentrica occidentale. In termini di variabilità biologica si considera normale - semplificando - ciò che è più frequente in una popolazione.Se pensiamo quindi alla popolazione bianca, in particolare europea, la prevalenza della deficienza di lattasi è quindi l'eccezione (dal 40-50% italiano al 2-15% del Nord Europa), ma se prendiamo la specie umana, essa costituisce la regola. Nell'estremo oriente invece raggiunge il 100%.
L'errore genetico è la tolleranza al lattosio. Sto parlando ovviamente dell'ipolattasia primaria.
Si pensa che il genotipo che ha permesso la persistenza della lattasi nei popoli nordici (e in misura intermedia in alcune tribù pastorali africane) abbia rappresentato un vantaggio evolutivo per le popolazioni che vivevano anche di pastorizia. In che modo, è oggetto di speculazione, ma ad esempio fornendo calcio in popolazioni che per la bassa esposizione solare e una dieta non marina, soffrivano di deficit di vitamina D. Per una lettura più approfondita, vedere anche il seguente articolo Evolution of lactase persistence: an example of human niche construction. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences.
Ipolattasia primaria e secondaria
Ho parlato prima di persistenza di lattasi. Alla nascita siamo infatti tutti - salvo rarissime ipolattasie congenite - tolleranti, la nostra unica dieta per i primi mesi è il latte materno, che come ogni latte mammifero, contiene il disaccaride (glucosio-galattosio) argomento di questo articolo. La produzione di lattasi si riduce drasticamente con gli anni: dopo lo svezzamento, non ci serve più. Al vantaggio evolutivo della sua persistenza in età adulta ho già accennato. Ci sono poi forme di tolleranza/intolleranza intermedia, perché anche in misura ridotta, la quantità di lattasi nell'adulto può essere sufficiente a digerire latte e derivati. Chiaramente il contenuto di lattosio nel latte crudo è maggiore di quello del formaggio.Ci sono poi delle forme di ipolattasia secondaria. La lattasi è espressa sui villi dell'intestino tenue: qualsiasi patologia che danneggi quindi la mucosa intestinale a questo livello può portare a un peggioramento dell'intolleranza. Esempio classico è il paziente che dopo una gastroenterite ne sviluppa i sintomi, ma anche un celiaco o un Crohn possono svilupparla. Si tratta ovviamente di una condizione potenzialmente reversibile.
Alla diagnosi dell'ipolattasia dedicherò presto un altro articolo.
Fonte immagine: T. H., Marteau, P., & Korpela, R. (2000). Lactose Intolerance. Journal of the American College of Nutrition, 19(sup2), 165S–175S. doi:10.1080/07315724.2000.10718086
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